Guida ai corsi di lingue di gruppo online

Molti dei corsi di lingua individuali che tengo di solito sono online perché mi permettono di raggiungere i miei studenti anche a distanza e non solo sulla zona di Modena, la mia città. In questi casi uso Skype come mezzo di comunicazione perché ha tutte le funzioni necessarie ad una lezione di lingua: audio e video buoni, possibilità di condivisione via chat.

Nelle ultime settimane però, a seguito dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, ho dovuto migrare tutti i corsi di gruppo attivi che avevo a Modena su una piattaforma online dedicata in modo da non interrompere il percorso che avevo intrapreso con i miei studenti. Nonostante qualche mia perplessità iniziale per il cambio di modalità, le lezioni da remoto funzionano e anche bene. Per la buona riuscita degli incontri ho mandato ai miei studenti un piccolo vademecum con alcune regole e consigli che ci permettono di lavorare al meglio.

Una buona connessione internet

Questo è il requisito fondamentale per poter seguire con profitto un corso online: dovendo trasmettere audio e video di più persone, se la connessione non è stabile (ad esempio se usi quella del telefono invece di una linea fissa) si possono creare problemi alla ricezione della voce, si può bloccare l’immagine, possono esserci ritardi e problemi di comunicazione. Se non puoi fare altrimenti e l’unica alternativa a tua disposizione è la rete dello smartphone, ti consiglio di disattivare la tua telecamera in modo da non appesantire ulteriormente lo scambio dei dati.

Verifica i requisiti di sistema della piattaforma

Prima dell’orario di inizio della prima lezione verifica che la piattaforma che verrà utilizzata per gli incontri sia supportata dal dispositivo che intendi utilizzare, che sia tablet, smartphone o computer; in particolare, assicurati di avere installato eventuali browser, estensioni o app necessari per il corretto funzionamento dello strumento scelto. È importante che tu lo faccia in anticipo così qualora si verificassero problemi, potrai contattare il responsabile del corso.

Sii puntale (anzi, in anticipo!)

La puntualità è un atto di gentilezza e di rispetto per i tuoi colleghi di corso – e per la tua insegnante! -: chi si aggiunge in ritardo a una lezione si perde una parte delle spiegazioni, interrompe l’attività didattica, obbliga tutti a fermarsi e a ripetere quello che si è fatto e il punto in cui ci si trova, e questo vale sempre, non solo per i corsi online. Ai miei studenti consiglio di collegarsi alla diretta 15 minuti prima dell’inizio della lezione per verificare che il sistema funzioni correttamente: questa fase è molto importante perché così possiamo iniziare puntuali e non dovremo interrompere la lezione una volta iniziata. Trascorsi questi 15 minuti di test, inizio la prima lezione e per questo non sono più in grado di fornire assistenza tecnica.

Disattiva il tuo “mike”

Quando si partecipa a una lezione online con diversi partecipanti è molto importante silenziare subito il microfono: essendo in tanti, anche il solo rumore del silenzio moltiplicato per il numero di partecipanti diventa un elemento di grande disturbo e potrebbe compromettere l’audio di tutti. Ogni piattaforma per le lezioni online ha il simbolo del microfono: basta cliccarlo per silenziarlo, mentre se vuoi intervenire ti basta riattivarlo. Assicurati che il microfono sia disattivato (il simbolo risulta barrato) se devi rispondere al telefono, parlare con qualcuno che è con te nella stanza o fare qualsiasi commento che non è collegato alla lezione: in questo modo eviterai di disturbare la spiegazione (o di fare brutte figure).

Le cuffie, il tuo miglior alleato

Per migliorare l’audio, in entrata e in uscita, consiglio sempre ai miei studenti di utilizzare un paio di auricolari o cuffie con microfono incorporato, come quelli dello smartphone: in questo modo eviteremo fastidiosi ritorni o rimbombi che potrebbero pregiudicare la comprensione delle spiegazioni e degli interventi. Assicurati anche di essere in una zona tranquilla, lontano da fonti di rumore che possono disturbare l’audio della lezione (ad esempio la lavatrice).

Webcam sì o webcam no?

Spesso durante i miei corsi non è necessario che gli studenti abbiano il video acceso e anzi, se la connessione presenta problemi è la prima funzione che chiedo di disattivare. Mi fa sempre piacere vedere i volti di chi partecipa alle lezioni per simulare il più possibile una “normale” lezione di persona, ma se per qualsiasi motivo qualcuno non vuole o non può accendere la webcam nessun problema, lo accolgo ugualmente! Ricordati di disattivare la webcam anche se sei in una stanza con altre persone che possono essere catturate dalla telecamera (e non dovrebbero) o se non vuoi mostrare ciò che è dietro di te.

Attenzione allo sfondo

Se decidi di tenere la tua videocamera accesa ricordati che tutti i partecipanti potranno vedere te e ciò viene ripreso alle tue spalle: prima di collegarti prova a inquadrarti per vedere cosa verrà effettivamente catturato dalla webcam e cerca di riordinare lo spazio dietro di te, oppure spostati dove puoi avere uno sfondo neutro. Se dove ti trovi durante la lezione ci sono altre persone, avvertile che sarai online in modo che non si passino alle tue spalle: non vorranno certo essere riprese in mutande (e scommetto neanche tu)!

Attenzione anche all’illuminazione: cerca di posizionarti con una fonte di luce di fronte a te: se la luce è alle tue spalle, la tua immagine risulterà scura e agli altri apparirà solo un bagliore fastidioso. Se non hai una finestra vicino alla tua posizione, puoi usare una lampada da tavolo che potrai direzionare in modo che il tuo viso sia ben illuminato.

Prepara il tuo materiale

Un quaderno o dei fogli per gli appunti, una penna che scrive (meglio due, una di riserva) e pennarelli, penne colorate, evidenziatori se pensi possano servirti: tieni a portata di mano tutto quello che pensi possa servirti. In più preparati una tazza di tè, caffè o dell’acqua, dei fazzoletti e gli occhiali da vista: così non dovrai assentarti per andarli a cercare durante la lezione.

Mi vergogno!

Tutto nella norma! Ti capisco bene, ma ricordati che durante i corsi di lingua sei in un ambiente protetto, dove ci sono altre persone nella tua stessa situazione. So che online può sembrare una situazione più “fredda” rispetto alle lezioni di persona, ma ti assicuro che non è vero. Quindi: niente paura e goditi il corso.

Ora sei pronto per il tuo primo incontro di gruppo online. Buona lezione!

Perché il tedesco è più semplice dello spagnolo

Ok, d’accordo, a primo impatto i suoni duri e gutturali della lingua tedesca fanno un po’ paura rispetto a quelli più melodici dello spagnolo, ma ti assicuro che le difficoltà della prima sono molte meno rispetto alla seconda. Ti va di scoprire i pro e i contro del tedesco?

I contro del tedesco

Partiamo dalle notizie cattive, così poi ci risolleviamo il morale: il tedesco fa parte delle lingue germaniche e se ci immaginiamo le lingue rappresentate come un albero, questa categoria è una ramificazione completamente diversa rispetto a quella delle lingue neo-romane di cui fa parte lo spagnolo (e l’italiano). Va da sé che le differenze tra questi due sistemi linguistici siano due mondi, anzi, due universi separati: nella morfologia (formazione delle parole), nella grammatica nella pronuncia.

Se nello spagnolo intuiamo i significati delle varie parole perché la radice è molto simile a quella della nostra lingua madre, questo non è certo il caso del tedesco. Tuttavia ci sono alcune eccezioni: per alcuni termini, soprattutto nei settori dell’arte, della filosofia e della letteratura, esistono la versione di origine germanica, quindi di difficile intuizione per noi italiani, e la versione di derivazione latina, dalla quale riusciamo a intravedere un barlume di luce in fondo al tunnel della comprensione. Ne è un esempio la traduzione di campanile, che in tedesco si può dire sia Glockenturm (letteralmente torre, Turm, delle campane, Glocken) che Kampanile.

Anche la grammatica e la costruzione delle frasi in tedesco è molto differente rispetto allo spagnolo: nel primo caso esistono regole che vengono rispettate pedissequamente (e vedremo più avanti che questo è un enorme vantaggio!), nel secondo regnano maggiormente le irregolarità, come in italiano. Questo in un primo momento può spaesare e rendere difficile la costruzione di frasi anche semplici dopo poco tempo di studio, e quindi fare propendere per la scelta dello spagnolo come nuova lingua di studio. Ma aspetta ancora un attimo prima di prendere la tua decisione definitiva!

Anche la pronuncia, come accennavo all’inizio, può sembrare più difficile di quella spagnola: i suoni sono duri – “sembrano sempre incavolati quando parlano i tedeschi!” – e spesso la somma di diverse lettere crea pronunce alle quali non siamo abituati (come nel caso del suono <ch>, che assomiglia a quello dei gatti quando soffiano). Anche in questo caso però, a parte alcuni dittonghi, la maggior parte delle parole si legge esattamente come si scrive – e quindi, ecco di nuovo un punto sfavorevole che si trasforma in positivo!

I pro del tedesco

E qui viene il bello, perché ce ne sono un sacco!

  1. La grammatica tedesca: dicevo prima che è molto diversa da quella italiana e delle lingue cugine (spagnolo e francese), ma questa è una cosa molto positiva! Il tedesco è governato da poche regole che si ripetono in diverse situazioni – penso alla declinazione: si ripete praticamente uguale per articoli, aggettivi e tutto il resto che si può declinare -, le eccezioni sono rarissime: l’esatto opposto dell’italiano! Pensa ai poveri tedeschi che vogliono studiare la nostra lingua: per loro è un incubo doversi ricordare tutte le eccezioni, senza la minima logica.
  2. Pronuncia: lo dicevo più sopra, in tedesco si legge – quasi sempre – esattamente come è scritto, e anche se è cugina dell’inglese, non ha niente a che vedere con la mancanza di regole di pronuncia di quest’ultima! Anche in quest’ambito regna la logica, i vari suoni si sommano senza troppi scossoni.
  3. Morfologia: spesso parole dal diverso valore grammaticale – sostantivi, verbi, aggettivi o avverbi – hanno una base comune, chiamata radice. Se la conosci, puoi arrivare facilmente a definire il significato di quel termine anche se è la prima volta che incontri.
  4. Parole composte: dico sempre che lo sport preferito del tedesco è assemblare più termini – anche cinque! – per creare parole composte. Il risultato sono vocaboli lunghi quanto una riga che fanno sussultare, ma la realtà è che, di nuovo, entra in gioco la logica: se si ha un vocabolario di base, si può ricostruire il significato della parola composta “smontandola” in singoli vocaboli e sommando ogni significato. L’unica accortezza è che bisogna partire dalla fine, ma questa è un’altra storia. 
  5. Verbi: questa categoria è il mio cavallo di battaglia quando spiego in cosa il tedesco è semplice. Questa lingua ha un’unica coniugazione e, a differenza dell’inglese, ogni persona ha una desinenza specifica da applicare alla radice del verbo e queste desinenze restano uguali per tutti i tempi. In più esistono meno tempi e modi rispetto all’italiano, quindi meno coniugazioni da dover imparare! In spagnolo invece esiste un tempo verbale in più che non si capisce mai come e quando usare…
  6. Last but not least: è una lingua basata sulla logica e questo è il vantaggio numero uno! Dico sempre che il tedesco è matematica applicata alle lettere, perché proprio come le somme dei numeri, anche qui la somma di certe condizioni può dare sempre solo un risultato. Non avrai quindi bisogno di imparare a memoria regole di grammatica – come tocca fare invece in italiano, francese o spagnolo a causa delle mille irregolarità -, ma ti basterà memorizzare qualche concetto di base e applicare poi la logica al resto. Una bella comodità, no?

Il tedesco è una lingua come le altre e come le altre necessità di costanza nello studio, di apertura mentale per accogliere le diversità rispetto all’italiano e tanto impegno, ma saprà ripagarti con grandi soddisfazioni: ti ho convinto a venire in classe? I corsi iniziano il 4 novembre!

Cosa serve per iniziare un corso di lingua

Se stai pensando di tornare sui banchi di scuola, sappi che iscriverti a un corso non basterà a farti imparare una lingua straniera. Scegliere di partecipare a lezioni di lingue senza prima ragionare su alcuni aspetti può risultare una perdita di tempo e di denaro: ecco quindi le caratteristiche che secondo me devi avere se vuoi frequentare un corso di lingua.

Costanza

Imparare una lingua straniera è come fare una dieta: se voglio perdere peso non posso stare a stecchetto per due giorni e mangiare cioccolata e patatine fritte il resto della settimana. Con le lingue funziona esattamente allo stesso modo: ci vuole impegno e costanza per imparare un nuovo modo di ragionare, bisogna fare esercizio regolare sia in aula che tra una lezione e l’altra. Soprattutto quando si inizia studiare una lingua da zero, perdere anche solo un incontro in classe può rendere difficile seguire quelli successivi: capire il funzionamento di certe lingue molto diverse dalla nostra, come il tedesco o l’inglese, può essere decisamente ostico senza una guida e recuperare per conto proprio una lezione può essere frustrante. Prima di iscriverti a un corso di lingua sii sincero con te stesso: sei sicuro di riuscire a frequentare regolarmente le lezioni? Se la tua risposta è no, valuta di rimandare questo impegno a quando riuscirai ad avere il tempo necessario.

Consapevolezza delle tue capacità

È inutile negarlo, la predisposizione alle lingue straniere gioca un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento di diversi modi di comunicare: non è impossibile imparare a parlare con un nuovo codice, ma bisogna essere consapevoli delle proprie capacità per non demoralizzarsi di fronte alle difficoltà e sapere quali limiti abbiamo di natura (io ad esempio ho un blocco per i numeri e senza la calcolatrice faccio fatica a compiere rapidamente operazioni anche semplici). Se trovi complicato memorizzare nuovi vocaboli o costruire frasi con i vari elementi in un ordine diverso dall’italiano, non demordere: se hai necessità di imparare la lingua che stai studiando in un breve periodo, intensifica il tuo allenamento; diversamente, non ti demoralizzare e datti tempo: con l’esercizio costante e la guida del tuo insegnante vedrai che potrai raggiungere buoni risultati.

Fai da te

Quando ti iscrivi a un corso di lingua devi mettere in conto le ore di lezione alle quali dovrai partecipare (con la maggiore costanza possibile) e dovrai definire alcuni momenti durante la settimana, tra un incontro e l’altro oppure tra un corso e l’altro, nei quali ti eserciterai per conto tuo. So bene che la maggior parte dei miei studenti ai corsi serali sono persone che durante il giorno lavorano e sono già bravissimi a dedicare del tempo a frequentare le mie lezioni, per cui difficilmente do loro esercitazioni da fare a casa, ma consiglio sempre loro di ritagliarsi almeno un appuntamento fisso settimanale durante il quale ripassare. Non importi di studiare un’ora tutti i giorni, sarebbe utopistico e finiresti per sentirti frustrato per non riuscire a mantenere la promessa con te stesso. Basta anche solo mezz’ora una volta a settimana: puoi leggere un articolo, guardare un breve video finché non riesci a capire il maggior numero di parole e frasi, ascoltare le notizie al telegiornale straniero o rileggere i nuovi vocaboli prima di andare a dormire (così ti addormenterai più velocemente! :)). In più consiglio di ripassare ogni lezione prima di quella successiva: è sufficiente rileggere gli argomenti, le regole di grammatica e i vocaboli poco prima del nuovo incontro (anche in pausa pranzo) così il cervello avrà già fatto “riscaldamento” e non dovrà sforzarsi troppo a ricordare i concetti affrontati. In più in questo modo potrai verificare se hai effettivamente capito gli argomenti dell’ultima lezione e in caso negativo, potrai fare le tue domande all’insegnante.

Mente aperta

Le lingue sono lo specchio della cultura che raccontano, ci hai mai fatto caso? I pregiudizi culturali sui vari popoli rispecchiano spesso anche la lingua che questi parlano. Dei tedeschi si dice che sono “inquadrati”, ligi al rispetto delle regole, e così anche la loro lingua: ogni elemento ha (e deve avere) un posto preciso all’interno della frase, nella grammatica ci sono pochissime eccezioni e spesso queste si celano dietro a una spiegazione logica. Al contrario, di noi italiani si dice che siamo “casinisti”, che non rispettiamo le file (e le regole): anche in questo caso la nostra lingua rispecchia il nostro essere, con gli elementi della frase che possono essere posti in (quasi) qualsiasi posizione e le irregolarità che superano di gran lunga le norme grammaticali.

Per riuscire a imparare a fondo una lingua straniera devi comprendere come ragionano le persone che la parlano, che spesso è molto diverso da quello a cui sei abituato: devi immergerti non solo nei suoni di un idioma, ma anche nella cultura che ha portato alla formazione di quel modo di comunicare. Mantieni la tua mente aperta, informati sulle notizie del paese in cui si parla la lingua che stai studiando, prova il cibo che mangiano i suoi abitanti: tutto serve.

Fiducia nell’insegnante

L’ho tenuto per ultimo perché ovviamente sono di parte, ma questo aspetto non è di certo meno importante di tutti gli altri: fidati del tuo insegnante. Chi decide di aiutare le persone a imparare una nuova lingua è stato a sua volta uno studente e anche se non è detto che lo ammetta, ha sicuramente avuto qualche difficoltà quando studiava sui libri di scuola; per questo conosce cosa si prova e può suggerirti alcuni trucchi per farti memorizzare meglio anche le regole grammaticali più difficili. L’insegnante è sempre dalla tua parte, anche quando ti sembra troppo severo: i miei studenti sanno che durante le lezioni non ammetto l’uso di dizionari, nemmeno digitali. La motivazione? Non certo per metterli in difficoltà. Se ogni volta che incontri una parola nuova corri a cercare il suo significato sul dizionario, abitui il tuo cervello a non fare fatica, che invece è proprio quello che deve fare! Più andrà a pescare nel cassetto dei ricordi il senso delle parole nelle quali ti sei imbattuto, meno fatica farà nel tempo a darti la soluzione giusta: anche questo è un esercizio, per aiutare e migliorare la memoria.

Vuoi imparare l’inglese, il tedesco, il francese o lo spagnolo? I corsi di lingue di Punto F a Modena inizieranno il 4 novembre: se hai deciso di partecipare hai tempo fino al 15 settembre per iscriverti a tariffa scontata. E dopo questo post non avrai più scuse, sarai pronto per iniziare a fare sul serio con le lingue!

 

Un corso di lingua particolare (e studenti speciali)

Oggi voglio raccontarti una storia, quella di un corso di lingua particolare e dei suoi studenti speciali.  Facciamo un salto indietro nel tempo, al 2014. Mi trovavo all’open day di un centro di formazione per promuovere i miei corsi di inglese e tedesco e tra le (poche) persone che si sono presentate a chiedere informazioni, ecco che appaiono loro: una famiglia al completo, mamma, papà, e due figli, un maschio e una femmina. Avevano bisogno di un corso, personalizzato e intensivo, di francese e tedesco perché in poco più di sei mesi si sarebbero dovuti trasferire in Lussemburgo. Io sono stata invasa dal panico: quattro persone diverse, con tempi e modalità di apprendimento differenti, un bambino in età prescolare e una quasi ragazzina alla fine delle elementari. Da dove avrei dovuto iniziare?

Partiamo, in quinta

All’epoca ero ancora agli esordi dell’insegnamento e non avevo ben chiaro cosa mi sarebbe servito, come avrei dovuto impostare quel percorso. Ho iniziato sottoponendoli a un vero e proprio interrogatorio: vi serve la lingua di tutti i giorni o quella di un settore specifico? I bambini saranno inseriti allo stesso livello scolastico rispetto all’Italia? Di cosa vi occuperete una volta trasferiti?

Delineati i primi aspetti, ho iniziato a programmare le lezioni: incontri di due ore l’uno, due volte alla settimana; full immersion di tedesco, che risulta più difficile da imparare per un italiano e che richiede più tempo di esposizione per essere assimilato. I nostri incontri si svolgevano così: la prima mezz’ora era dedicata a Samuele, il bambino di 4 anni, e alla scoperta delle prime parole tedesche tramite giochi, filastrocche e cartoni animati – Peppa Wurst (Peppa Salsiccia), la versione tedesca di Peppa Pig, in primis. La restante ora e mezza la dedicavo ai grandi di casa, i genitori e la figlia maggiore: esercizi di grammatica, letture e dialoghi.

Più passava il tempo e più mi rendevo conto di quanto questo incarico richiedesse uno sforzo titanico, sia da parte mia che dei miei studenti. Mi sono trovata per la prima volta a dover gestire un gruppo così eterogeneo, con scopi, esigenze ed età diversissimi tra loro, e a dover adattare il mio metodo di insegnamento e i materiali che proponevo per riuscire ad agevolare tutti. I componenti della famiglia invece dovevano padroneggiare due lingue completamente nuove in pochissimo tempo e, almeno nel caso del tedesco, poco orecchiabili.

Soddisfazioni e difficoltà

Le soddisfazioni però non hanno tardato ad arrivare. Samuele, il più piccolino del gruppo, timido e introverso, già dalla seconda lezione iniziava a ricordarsi qualche parola e qualche semplice frase. Con un po’ di timore, ha rotto il ghiaccio formulando i suoi primi vocaboli in tedesco, con una pronuncia quasi impeccabile, e la cosa più bella è che lo faceva con il sorriso, divertendosi: quando entravo dalla porta e quando me ne andavo mi salutava con un dolcissimo sorriso stampato in volto e pronunciando il Guten Tag o il Tschüss più deliziosi della storia.  Gaia, la leader della famiglia nonostante i suoi 10 anni, era bravissima: dopo la prima spiegazione, procedeva sicura, liscia come l’olio, tra i nuovi e duri suoni. La mia invidia per lei era enorme, uno scricciolo biondo dai grandi occhioni azzurri che imparava alla velocità della luce quello che io, a suo tempo, ho imparato in mesi e mesi di studio. Anche Moris, il papà, imparava abbastanza velocemente: avvantaggiato dalla conoscenza dell’inglese, che ha molte similitudini con il tedesco, avanzava senza grandi problemi.

Con Barbara, la mamma, si è instaurato subito un buonissimo rapporto, ma ho capito che lei sarebbe stata la mia sfida più grande: si impegnava tantissimo, le vedevo letteralmente il fumo uscire dalle orecchie, e io cercavo in tutti i modi di proporle spiegazioni impossibili con ragionamenti più vicini al suo modo di pensare, ma le difficoltà c’erano, e me lo dovevo un po’ aspettare. Barbara rappresentava l’emblema dello studente tipo di lingue: non aveva mai avuto l’esigenza di studiare una lingua straniera, il tedesco e il francese non erano i suoi passatempi preferiti ed essendo un’adulta, ha impiegato un po’ più di tempo rispetto ai figli per riuscire a vedere i primi risultati.

Adulti vs bambini

Succede proprio così quando si studia una lingua: i bambini sono come spugne, un po’ per predisposizione, e un po’ perché non conoscono ancora le regole della lingua italiana, formulano frasi nella loro lingua madre perché “le hanno sentite pronunciare così dal mondo che li circonda”. Allo stesso modo imparano una lingua nuova: ripetono quello che sentono, a volte inventando parole – che ridere che fanno! -, senza fare paragoni con il modo di esprimersi in italiano e soprattutto non hanno paura di sbagliare e si buttano.

Gli adulti invece sono frenati dal timore di fare brutta figura, di commettere errori, e quindi si congelano, letteralmente. Questo però li fa entrare in un circolo vizioso: se non esercitata, la lingua parlata sarà sempre più difficile da rendere fluida e sciolta, e le difficoltà saranno sempre maggiori. A rendere agli adulti la strada ancora più in salita, c’è anche il fattore del paragone con la propria lingua madre: la domanda classica che mi fanno gli studenti è “Come mai se in italiano questa espressione è composta da cinque parole in inglese ne ho solo tre? Dove finiscono le altre?” Questo è il vero, grande ostacolo che rende difficile imparare una lingua, soprattutto se ha strutture e costruzioni diverse dalla propria. Per questo bisogna pensare alle lingue non come una cosa unica, ma come tanti pianeti, ognuno completamente diverso dagli altri, con proprie regole, propri “movimenti”, proprie caratteristiche. E per imparare davvero una lingua straniera, bisogna partire dal dimenticarsi l’italiano.

Cambio di programma

A gennaio però ho dovuto rivoluzionare i miei programmi: dopo un colloquio con gli insegnanti delle scuole lussemburghesi che avrebbero frequentato Samuele e Gaia, ho dovuto modificare il piano di studio, abbandonare il tedesco e concentrarmi sul francese. Sia a Samuele che a Gaia sarebbe stato introdotto gradualmente il tedesco e sarebbero partiti dall’inizio invece con il francese e il lussemburghese. Ho lasciato a malincuore la mia lingua preferita che ci stava dando tante soddisfazioni – e qualche grattacapo – e ho iniziato con i verbi francesi, irregolari tanto quelli italiani, le regole piene di eccezioni, i suoni nasali.

Non solo clienti, non solo studenti

Le ore passavano, tra esercizi e dialoghi, rimproveri e congratulazioni, soddisfazione e sudore sulla fronte. E sembrava che avremmo avuto tutto il tempo che volevamo per perfezionare la pronuncia, imparare una regola nuova, vedere un’eccezione in più. Invece il giorno in cui sarebbero dovuti partire è arrivato e abbiamo dovuto salutarci.

Di solito quando finisce un corso un po’ sono felice, perché mi piace cambiare e mi piace vedere i miei studenti, grandi e piccini, spiccare il volo da soli. Ma quella volta è stato diverso: avevo trascorso gli ultimi mesi a stretto contatto con Barbara, Samuele, Gaia e Moris, e lasciarli andare non è stato facile. Non succede sempre e non succede con tutti, ma con loro siamo andati oltre al rapporto insegnante/studenti: si era instaurato un legame più profondo, complice, sentimentale. Queste persone non erano un nome tra tanti, non erano un volto tra gli altri, erano diventati famigliari, amici.

Li ho salutati, abbracciati, baciati e ho augurato loro ogni bene, sperando di aver fatto il mio dovere, di essere riuscita a dargli tutto il necessario, se non altro, per partire. Ho pensato – e penso tutt’ora – tanto a loro, alla loro vita, alle loro nuove abitudini, ai loro pensieri. E li aspetto trepidante ogni volta che tornano in Italia, per scrutare i loro nuovi volti, i loro nuovi gesti e scovare sotto sotto lo stesso sorriso di sempre, lo stesso grande cuore che mi ha accolto nelle loro vite – e che li ha fatti entrare nella mia.

 

Vuoi anche tu imparare una lingua con me? Domani è l’ultimo giorno per iscriverti a tariffa scontata ai corsi di inglese e tedesco!

Ancora tu (non dovevamo vederci più?)

 

L’anno scorso, non so ancora bene nemmeno io perché, ho accettato una docenza di inglese e una di tedesco in un liceo della provincia di Modena.

Forse perché non ero mai entrata in un’aula scolastica in veste di prof., forse perché mi annoio facilmente e avevo bisogno di una scossa lavorativa, forse perché tutte le cose nuove mi entusiasmano sempre un sacco e mi ci imbarco seguendo più la pancia che non la testa.

Fatto sta che mi sono trovata letteralmente in gabbia. Io che della libera professione anelavo più di tutto la libertà, il non dover rendere conto a (quasi) nessuno, la flessibilità degli orari di lavoro e la possibilità di andare in ferie quando tutti gli altri erano al lavoro, ho deciso mia sponte di firmare un contratto da dipendente che mi ha tenuto vincolata al mio incarico per nove lunghissimi mesi. E ho giurato di non farlo mai più.

Non fraintendetemi, insegnare mi piace un casino. Quando studiavo ripetevo che mai e poi mai avrei rivestito i panni di quei professori aridi e insensibili che avevo conosciuto lungo il mio percorso scolastico, ad insegnare non ci pensavo nemmeno. Poi è successo che quando ho iniziato a lavorare da libera professionista di traduzioni e di servizi di interpretariato neanche l’ombra, mentre mi fu proposto di entrare in aula e stare dietro alla cattedra. Da quelle prime esperienze ho scoperto che l’insegnamento è un’attività che mi piace fare perché non è mai monotona, almeno non come lo intendo e come lo pratico io, e che sono anche un po’ portata (questo non lo dico io, ma i miei studenti).

Da quando lavoro da freelance, insegnare lingue è un’attività parallela alla traduzione e all’interpretariato.  Lo faccio con passione, con divertimento e con impegno. Studio tanto e mi scervello per trovare il modo giusto di spiegare quella regola di grammatica che proprio fatica ad entrare in testa – anche nella mia, a suo tempo. Dopo ogni lezione mi porto a casa stanchezza, qualcosa di nuovo che mi hanno insegnato i miei studenti, tanta soddisfazione, qualche volta anche tanta frustrazione. Ma mi piace, e soprattutto mi piace farlo come dico io.

Insegnare in un liceo è una storia a parte. Qui tutto è già stato deciso perché tu sei solo una docente di terza fascia, per di più in ultima posizione. Qui non puoi assentarti o spostare una lezione perché ti hanno chiesto un interpretariato – proprio quello che aspettavi da tempo – o perché vuoi partecipare al WordCamp Torino. Qui se ti senti poco bene non basta telefonare, ma devi sottoporti a una sfilza di procedure burocratiche snervanti anche per una persona sana. Qui ti invitano a indicare la tua disponibilità per un incarico entro un giorno e un orario preciso e quando ti contattano per chiederti conferma, ti dicono di tenerti occupata sì, ma che contatteranno comunque chi è prima di te in graduatoria – nonostante non abbia dato disponibilità entro i termini stabiliti – perché “non si sa mai”. Qui ti chiedono la disponibilità ad insegnare nella loro scuola ma non vogliono darti l’orario che dovresti svolgere prima della firma del contratto. Qui devi portarti tu il tablet da casa – e se non ce l’hai devi usare il cellulare, sperando sia uno smartphone – per vedere il registro, che la scuola non ha fondi per prevederne uno per ogni insegnante. Qui non troverai (quasi) nessuno che ti aiuterà a capire come funziona questa macchina complessa e complicata che è la scuola pubblica: tu devi già sapere e saper fare. Qui fissano il calendario degli impegni pomeridiani dei docenti – scrutini, consigli di classe, collegi docenti e altre riunioni *utilissime* – a settembre per poi cambiarlo regolarmente proprio il giorno prima di quell’incontro. Qui c’è una sola stampante in aula insegnanti per più di 100 docenti.

Arrivati a questo punto, tutto vi aspettereste meno quello che sto per dirvi. E invece.

Mentre starete leggendo queste parole, io sarò in classe nuovamente, anche se questa volta per una supplenza breve in una scuola diversa da quella dell’anno scorso.

Mentre starete leggendo queste parole io avrò varcato quella soglia che undici anni fa -quasi dodici- ho superato in senso inverso. Avrò percorso nuovamente quei corridoi dove per anni ho passeggiato e chiacchierato durante l’intervallo. Sarò entrata in una delle classi che ho abitato per mesi e mi sarò seduta dietro alla cattedra, dalla parte della lavagna. Avrò firmato un contratto con quella scuola che mi ha tenuta in ostaggio da adolescente e che ora mi terrà prigioniera per un po’.

Perché qui è dove viene fuori la parte migliore di me. Qui mi diverto quando apro la porta, i ragazzi si alzano in piedi in segno di saluto e io devo fingere di fare la persona adulta e seria mentre vorrei solo scoppiare a ridere. Qui faccio finta di niente  quando i colleghi più anziani mi guardano e mi studiano in aula insegnanti, chiedendosi se sono davvero una docente anch’io o se sono un’alunna un po’ impudente che si è infiltrata tra loro. Qui è dove non insegno solo la grammatica del tedesco, ma cerco di infondere soprattutto la passione per questa lingua e per la sua cultura.

Qui è dove ho passato gli anni peggiori della mia vita e dove torno in quelli migliori.

E anche questa volta giuro che (forse) non lo farò mai più.

 

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