Interpretariato in giro per il mondo: Marocco

Il lavoro dell’interprete è bellissimo perché dall’oggi al domani ti può capitare di dover fare la valigia e partire per lavoro, a volte per mete inconsuete. Qualche tempo fa mi è capitato di ricevere una richiesta per accompagnare un imprenditore della mia zona in un viaggio di lavoro in Marocco dove doveva visitare alcune aziende per concludere degli affari di lavoro e non ho potuto dirgli di no! 

La preparazione

Prima della partenza mi sono incontrata con il mio cliente per capire di quale servizio di interpretariato avrebbe avuto bisogno e per comprendere la natura del lavoro: confrontarsi direttamente con chi si accompagnerà è molto utile per stabilire un primo contatto e per poter porre tutte le domande necessarie a prepararsi per il servizio richiesto.

Il cliente mi ha illustrato brevemente l’azienda per la quale lavorava, i principali prodotti – macchinari per la ceramica – e le offerte che voleva proporre ai clienti che saremmo andati a visitare insieme. 

Come sempre prima di un servizio di interpretariato, mi sono studiata il materiale che mi era stato consegnato, ho fatto ricerche sui macchinari per la ceramica per capirne meglio il funzionamento e ho iniziato a stilare un dettagliato glossario italiano-francese che potesse supportarmi durante gli incontri.

Il nostro viaggio prevedeva anche lunghi percorsi in macchina, perché le aziende marocchine si trovavano in diverse parti del Paese e ho così studiato anche l’itinerario che avremmo dovuto percorrere: se si pensa al Marocco, si immaginano 40 gradi e un paese musulmano con particolari esigenze di abbigliamento per le donne, in realtà a fine novembre può fare decisamente freddo (tra l’altro in Marocco si trova l’Atlas, dove si scia!) e se nelle zone più rurali è consigliabile indossare il velo, nelle principali città o a nord, verso la Spagna, c’è più libertà. 

Sul posto

Le prime due visite sono state ad aziende di Casablanca, l’ultima a Tetouan, una piccola città a nord, sulle coste che affacciano sulla Spagna. La tipologia di interpretariato che abbiamo adottato in questo caso era di trattativa, dove cioè il mio cliente pronunciava brevi frasi in italiano, io le traducevo in francese e quando gli interlocutori marocchini rispondevano traducevo le loro parole dal francese in italiano. Questa tipologia di interpretariato è l’ideale durante trattive commerciali in cui le persone coinvolte sono poche, due o tre, e lo scambio di battute è rapido, come le visite di clienti stranieri, visite presso le sedi dei clienti stranieri oppure in fiera.

Il mio intervento è stato necessario anche al di fuori del contesto aziendale, durante i pranzi e le cene di lavoro: con alcuni di questi clienti marocchini abbiamo condiviso i pasti ed era quindi necessario che io traducessi anche i discorsi più sbottonati e conviviali.

In generale ho supportato il mio cliente italiano durante le pratiche in aeroporto, al check-in in hotel, con l’autista che ci ha accompagnato da Casablanca a Tetouan, al ristorante e in qualsiasi altra occasione avesse bisogno di una mediazione dal francese in italiano.

Difficoltà

Questo incarico è stato bellissimo perché è stata una delle prime volte in cui ho potuto entrare in contatto diretto, lavorativamente parlando, con una cultura lontana da quella italiana e devo dire che non sono certo mancate difficoltà. 

Inizialmente i clienti marocchini avevano difficoltà a rivolgersi a me mentre parlavano, mentre cercavano sempre lo sguardo del mio cliente, uomo. Dopo un po’ di trattativa per fortuna questo atteggiamento si è affievolito e anche se non si sono lasciati andare a baci e abbracci – per fortuna! –, hanno iniziato a dialogare direttamente con me.

Anche con il mio cliente italiano ci sono stati momenti di difficoltà: aveva qualche reminiscenza del francese dalle scuole e ogni tanto invece che appoggiarsi a me per la traduzione di ciò che voleva dire – motivo per il quale ero lì –, cercava di comunicare in francese salvo poi chiedere il mio aiuto quando si rendeva conto di non riuscire a trasmettere quello che voleva.

Un’altra problematica di questo incarico è stata il fatto che a Tetouan utilizzano come seconda lingua lo spagnolo più del francese, per cui spesso durante i discorsi con i clienti marocchini c’erano influenze spagnole, nella costruzione delle frasi e in certe parole. Fortunatamente ho studiato anche spagnolo all’università e anche se non lo padroneggio perfettamente questo mi ha permesso di decifrare cosa stessero dicendo.

Anche i lunghi spostamenti in macchina hanno influito perché per il viaggio da Casablanca a Tetouan siamo dovuti partire all’alba e siamo rimasti in auto diverse ore, quindi quando siamo arrivati la stanchezza si è fatta sentire.

Accompagnare i miei clienti in giro per il mondo per assicurarmi che riescano a comunicare senza difficoltà è il mio lavoro, quello che mi piace di più fare e quello che so fare meglio. E tu, hai già un’interprete per il tuo prossimo incontro?

Corso di inglese su Skype

Qualche mese fa sono stata contattata da Elisa, una ragazza di Genova che ho conosciuto a un evento più di un anno fa, che mi chiedeva di aiutarla con l’inglese. Per lei non fu esattamente amore a prima vista quando lo iniziò a studiare a scuola e da allora Elisa si portava dietro uno strascico di incertezze che la bloccavano dal fare miglioramenti e riuscire a parlare quella lingua. Così ci siamo rimboccate le maniche, sia lei che io, e abbiamo studiato un piano.

Fase 1: definizione degli obiettivi

Quando intraprendo un percorso di insegnamento di una lingua straniera, che sia l’inglese, il tedesco o il francese, mi prendo un po’ di tempo per chiacchierare con il mio studente – in questo caso studentessa: mi interessa e mi serve capire se ci sono stati problemi durante lo studio di quella lingua a scuola, quali sono le difficoltà maggiori, quali gli obiettivi e le tempistiche.

Nel caso di Elisa gli ostacoli maggiori derivavano dal non riuscire ad assimilare la diversa costruzione della frase in inglese – d’altronde questa lingua è cugina con il tedesco, non dimentichiamocelo! – e un blocco nel parlato, dovuto in parte anche al timore di pronunciare le parole inglesi. Suona familiare?

Gli obiettivi che voleva raggiungere con questo percorso riguardavano l’acquisire maggiore scioglievolezza nell’esprimersi in inglese, in particolare modo per poter scrivere post di lavoro in questa lingua e per comunicare durante i viaggi. Ho così studiato un piano che comprendeva grammatica, pronuncia e comprensione scritta.

Fase 2: la pronuncia

La pronuncia è un aspetto di ogni lingua che mi sta molto a cuore: faccio fatica a far capire ai miei studenti che se distorciamo il suono di una parola i madrelingua faticano a capire cosa stiamo dicendo, e non perché sono perfezionisti, ma proprio perché non sono abituati a quelle vibrazioni. D’altro canto questo tema di solito viene trascurato nei corsi di lingua, per cui è difficile trovare uno studente che abbia consapevolezza di come riprodurre i suoni stranieri che sente.

Con Elisa abbiamo visto quali organi sono coinvolti nella produzione dei suoni e come fare per pronunciare quelli inglesi: la difficoltà sta proprio nel posizionare la lingua nella giusta collocazione e nel fatto che non esistano regole di pronuncia in inglese. Anche se a distanza, grazie a Skype le facevo ascoltare i suoni che doveva imitare e la facevo esercitare nella riproduzione: si tratta di abitudine e allenamento, proprio come in palestra.

Fase 3: la grammatica

La grammatica non è tutto per parlare una lingua, ma ne rappresenta le basi: come una casa senza fondamenta non potrebbe stare in piedi, lo stesso vale per una lingua straniera. A seconda dei casi inserisco un breve ripasso delle regole più complesse o più difficoltose per i miei studenti, oppure parto proprio da zero delineando su quali principi è fondata la lingua che stiamo studiando. Con Elisa mi sono concentrata sui diversi tempi verbali inglesi: abbiamo ripassato i più semplici (present simple e continuous, past simple e continuous) per poi passare ad approfondire quelli più complessi (present perfect, past perfect, condizionali).

Fase 4: la comprensione scritta

Ho sottoposto a Elisa diversi testi e alcuni li ha proposti lei a me: l’obiettivo con lei era quello di farla esercitare nella lettura ad alta voce per allenare la pronuncia e abituare il suo orecchio a sentirla riprodurre suoni stranieri. Con la lettura ho fatto fare ad Elisa l’esercizio che più mi piace e che secondo me è anche uno dei più utili: quello di cercare di capire quante più informazioni possibili leggendo il testo senza cercare sul dizionario i termini che non si conoscono. Questa tecnica non è una mia invenzione, ma della mia prof. di tedesco del liceo: devo ammettere che i primi tempi non capivo l’utilità di questo esercizio e anzi, mi arrabbiavo perché lo trovavo uno sforzo troppo grande per me, ma nel tempo ho iniziato ad apprezzarlo perché mi ha aiutato a sviluppare l’abilità del cervello ad andare a ripescare i termini incontrati tenendo allenata la memoria; in più, ci si abitua a ragionare sui dati che conosciamo per arrivare a fare supposizioni su quei termini che per noi sono nuovi.

Le lettura di testi di vari argomenti ha anche il vantaggio di presentare stili diversi e vocaboli nuovi, andando così ad ampliare il lessico di base di ogni studente. Per memorizzare le nuove parole che incontravamo ho consigliato a Elisa di appuntarle insieme ai significati su un quaderno, meglio se su una vecchia agenda organizzata in ordine alfabetico: in questo modo quando voleva ripassare poteva trovare tutte le informazioni in un unico posto (e non su foglietti volanti) ed era così più facile rileggere e ripetere.

Fase 5: il calendario

Chi vuole studiare una lingua straniera spesso ha un lavoro a tempo pieno, magari pure dei figli e una famiglia di cui occuparsi, perciò è fondamentale stabilire fin dall’inizio la frequenza con la quale faremo lezione insieme e gli orari: questo mi permette di organizzare i materiali per i vari incontri, calibrare gli argomenti, ma soprattutto di fare impegnare i miei studenti in modo costante. Di solito dissuado chi vuole fare tre ore tutti i giorni, a meno che non ci siano reali necessità a effettuare un corso intensivo, ma incoraggio uno o due incontri a settimana, da un’ora ciascuno : in questo modo sarà più facile per lui/lei ritagliarsi un po’ di tempo per concentrarsi e studiare la lingua.

Fase 6: i risultati

Elisa ha frequentato un corso da 10 ore e ci siamo incontrate su Skype ogni lunedì mattina alle 9 per 10 settimane. Aveva qualche abitudine sbagliata che siamo riuscite a sistemare e ha imparato a pronunciare correttamente alcune parole inglesi; in più, la comprensione dei testi che abbiamo visto insieme è migliorata di lezione in lezione, grazie anche al suo impegno e al tempo che ha dedicato a leggere per conto suo, tra un incontro e l’altro. La parte più difficile era riuscire a parlare in modo sciolto e scrivere in vero inglese: su questi due aspetti c’è ancora un po’ da lavorare perché rappresentano un livello di conoscenza linguistica avanzato che per essere raggiunto richiede molto tempo; Elisa però è molto determinata e sicuramente riuscirà a raggiungere a pieno questi obiettivi continuando sulla strada che abbiamo iniziato insieme. 

Cosa dice Elisa

Vorrei fare un altro corso di questo tipo perché è l’unica volta in cui mi sembra di aver imparato qualcosa di inglese. I lati positivi di questo corso sono il rapporto one-to-one, gli esercizi e la didattica mirata al grado di capacità di apprendimento, il supporto costante.

Vuoi frequentare anche tu un corso di lingua, ma sei distante da Modena o preferisci restare sul divano di casa? Scrivimi e disegniamo insieme un percorso che ti faccia raggiungere i tuoi obiettivi!